Khelua

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In anni recenti (1992-1994) l’Università di Pisa ha fatto importanti scoperte nel Fayum, al bordo sud-occidentale dell’oasi, a Khelua, una necropoli non esplorata archeologicamente prima delle campagne di scavo di Pisa.
Nel 1981, un survey condotto dal gruppo pisano nel Fayum sud-occidentale, aveva portato alla scoperta, proprio fra l’ammasso di rocce cadute di Khelua, di una statua in calcare con iscrizioni a nome del principe e governatore Uage. L’area monumentale, scavata nella falesia calcarea, comprende due grandi tombe contigue, che comunicano con una entrata interna. La prima, e la più grande, delle tombe è stata attribuita al principe e governatore Uage dalle iscrizioni che accompagnano i rilievi. La seconda, priva di iscrizioni, era forse destinata alla madre di Uage, il cui nome Nebetmut è fornito dai testi del figlio. Le due tombe simili nella struttura e per alcune caratteristiche archeologiche, sono crollate in epoca antica, forse a causa di un terremoto. Si accedeva alla tomba di Uage probabilmente mediante una rampa. Il vestibolo, parzialmente conservato con dodici pilastri, era costruito con blocchi e non scavato nella roccia.

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Accanto al muro di fondo del vestibolo, restavano, al momento della scoperta (1993) le basi e i piedi calzati da eleganti sandali, di sei statue monolitiche, raffiguranti il principe Uage in piedi, una mano sul petto e l’altra stretta all’orlo del mantello che l’avvolge fino quasi alle caviglie. I corpi acefali delle statue giacevano al suolo, ognuna accanto alla sua base.Le statue decrescono di altezza simmetricamente, dal centro verso gli angoli della sala, allo scopo di ottenere una prospettiva allargata dello spazio. Questo sistema ingegnoso non era stata finora documentato per nessuna epoca della civiltà egiziana. La sala seguente, una grande sala ipogea, presenta dodici pilastri, scolpiti con la figura del proprietario della tomba su ognuno dei lati; i testi geroglifici incisi accanto ad ogni figura danno una serie importante di titoli sacerdotali e di corte, che si aggiungono a quelli che erano stati documentati dalla statua di Uage ritrovata nel 1981.

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Tra i più notevoli troviamo: principe e governatore, amico unico, cancelliere del Re del Basso Egitto, confidente del suo Signore, capo dei debenu della festa del giubileo, capo dei profeti del Tempio di Sobek. Il pozzo funerario dà accesso a tre stanze sotterranee, che sono state depredate in epoca antica. La stanza principale, situata al centro, è stata costruita entro la cavità mediante lastre regolari di pietra (un sistema conosciuto in una tomba del Medio Regno a Dahshur). Del sarcofago ligneo erano restate tracce di legno decomposto, e sono stati raccolti pochi resti ossei. Dei quattro vasi canopi di alabastro, coi coperchi a testa umana, sono stati ritrovati frammenti, e così delle molte statue litiche di varie dimensioni e di varie pietre. Le due celle minori, destinate a parenti di Uage, erano state anch’esse depredate, e hanno restituito materiale ceramico e statue frammentarie.

Il materiale antropologico raccolto nella tomba di Uage e studiato da F. Mallegni dell’Università di Pisa, ha dato informazioni sul principe Uage; morì a 56 anni, afflitto da osteoporosi e artrite. E’stata proposta una ricostruzione fisionomica delle fattezze di Uage da vivo, nel vigore della gioventù. La visualizzazione tridimensionale con l’uso delle tecnologie computerizzate applicata alla tomba di Urge (So.be.c.a di Roma) ha dato risultati molto apprezzabili, ed è collegata con un progetto di protezione e ricostruzione delle due tombe rupestri. È del resto ormai riconosciuto che la ricostruzione tridimensionale di monumenti gioca un ruolo importante nella verifica estetica e ambientale prima di ogni tipo di intervento sul monumento, e può aiutare molto la comprensione del monumento stesso oltre ad avere una positiva funzione didattica. Alcuni spezzoni che sono qui mostrati sono tratti da “PISA CHIAMA FAYUM”, un film documentario prodotto (1994) dalla Sirio Film Trento (regia di A. Siliotti; sponsor la Cassa di Risparmio di Lucca) in occasione del 650° anniversario della fondazione dell’Università degli Studi di Pisa.