Dottorati in corso
Francesco Missiroli
2022
Sin dalle prime dinastie (3000-2686 a.C. ca.) i sovrani egiziani non solo controllavano gli accessi a numerose piste che dalla valle del Nilo si inoltravano nei deserti, ma organizzavano già spedizioni al di fuori dei tradizionali confini del Paese con l’obiettivo di sfruttare in maniera intensiva le regioni confinanti, nonché di assumere il controllo diretto di importanti rotte commerciali verso il Sinai, il Vicino Oriente e la Nubia. Con l’Antico Regno (2686-2160 a.C. ca.) e poi ancora di più durante il Primo Periodo Intermedio (2160-2055 a.C. ca.) e il Medio Regno (2055- 1650 a.C. ca.) si osserva lo spiccato desiderio di aprire l’Egitto al resto del mondo, sia per quanto riguarda i traffici marittimi che quelli terrestri.
Il presente progetto di ricerca si propone quindi di indagare la rete delle rotte commerciali che durante il Primo Periodo Intermedio e il Medio Regno collegavano l’Egitto con i paesi limitrofi: il Levante e il Mediterraneo orientale, la penisola del Sinai, la Nubia e i deserti. Grazie ad un approccio prettamente storico, mediante l’integrazione di fonti testuali ed iconografiche con i dati topografici ed archeologici unita allo studio diacronico e su diverse aree geografiche delle rotte commerciali, sarà possibile dipingere un quadro completo e procedere ad un’analisi di ampio respiro su un argomento ancora spesso trattato in maniera settoriale. Si potranno quindi delineare i cambiamenti che tali rotte subiscono – o non subiscono – col passare del tempo, ricercare i motivi per cui alcune di esse vengono preferite ad altre, e fornire un sistema comparativo – al momento mancante – tra le diverse modalità di penetrazione nelle varie aree a seconda dei beni ricercati dei di rapporti venivano instaurati con gli abitanti delle località toccate da tali itinerari.
Lorena Lombardi
2021
Tra le fine del XIX e l’inizio del XX secolo, numerosi musei nel mondo hanno arricchito le loro collezioni con un numero consistente di manufatti provenienti dall’Egitto. Tra questi materiali, i manufatti litici, eccezion fatta per gli elementi più rappresentativi, sono rimasti in larga parte inediti.
Nonostante l’oblio in cui sono cadute per decenni, il potenziale informativo di queste collezioni litiche, come fonte di informazioni sul Predinastico e l’Antico Regno, rimane altissimo. Alla luce di un quadro archeologico ricco di contesti ben datati e stratigraficamente certi, è opportuno operare un esame critico di queste collezioni in quanto queste possono fornire informazioni essenziali per migliorare la comprensione degli aspetti socio-culturali ed economici delle comunità che li hanno prodotti. Il progetto di dottorato ha come obiettivo la definizione dei contesti di provenienza e la cronologia di alcune collezioni litiche attualmente conservate in diversi musei italiani (Museo delle Civiltà, Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Museo Egizio di Torino, Museo dell’Opera del Duomo di Bracciano) e si propone di analizzare gli elementi di continuità e discontinuità dei manufatti in selce tra Predinastico e Antico Regno. Attraverso lo studio della documentazione d’archivio della cartografia storica, e grazie all’analisi tecno-tipologica di manufatti provenienti da alcuni importanti contesti egiziani come el-Amrah, Hemamieh, Wadi el-Sheikh e l’Oasi del Fayum, si intende definire i processi di trasformazione nella manifattura dei manufatti in pietra. La ricerca di dottorato si avvarrà anche dei dati raccolti nell’ambito del progetto PrEMuC – Prehistoric Egypt in Museum Collections del CNR-ISPC.
Camilla Saler
2020
A partire dall’Antico Regno, Biblo fu uno dei maggiori partner commerciali dell’Egitto nel Levante. I frequenti contatti, continui durante quasi tutta l’età del Bronzo, portarono ad un processo di assimilazione di alcuni elementi socio-culturali egizi nel sito, ravvisabile nella produzione locale di manufatti egittizzanti, nell’uso del geroglifico e nell’ibridazione di divinità locali ed egiziane. Questo fenomeno, che raggiunse le sue maggiori espressioni nel Tardo Bronzo, è indubbiamente già in essere nel Medio Bronzo. L’Egitto, tuttavia, partecipò attivamente agli affari politici ed economici del Levante anche durante il III millennio a.C. Numerose fonti materiali e testuali, sia egizie sia levantine, testimoniano questi contatti, ma non è sempre chiaro quale sia stato il grado di interazione e ricezione della cultura egiziana a Biblo durante l’Antico Bronzo III e IV. Questo progetto mira a delineare l’evoluzione dei fenomeni di assimilazione e ibridazione della cultura egiziana a Biblo tra l’Antico Bronzo e il Medio Bronzo. L’obiettivo è quello di identificare quando il fenomeno sia iniziato, come si sia sviluppato e quali siano state le principali differenze.
Érika Rodrigues De Maynart Ramos
2020
Questo progetto di dottorato mira a indagare la riorganizzazione della società nel Terzo Periodo Intermedio sulla base delle prove fornite dalle pratiche funerarie nelle necropoli egiziane. Data la riorganizzazione materiale di alcune necropoli in un periodo in cui il riutilizzo e la riproposizione degli spazi mortuari sacri giocavano un ruolo importante come espressione di queste nuove relazioni sociali rimodellate, il progetto mira a esaminare chi aveva il diritto al riutilizzo delle tombe e degli equipaggiamenti funerari. Considerando le pressioni economiche e le trasformazioni sociali portate nell’XI secolo a.C., la ricerca affronta i cambiamenti nelle pratiche di sepoltura come strategie sociali per mantenere una comunità di necropoli e il suo ruolo nel mondo dei vivi (ri)creando memoria e impegno collettivo. Il materiale funerario spesso riutilizzato nel Terzo Periodo Intermedio egiziano comprendeva, per esempio, vasi, giare, shabtis, sarcofagi, e anche parti di tombe precedenti venivano aggiunte a nuove strutture architettoniche, come le lastre di pietra. I recenti studi sul riutilizzo hanno evidenziato l’evitamento dei precedenti rapporti di scavo nell’analizzare la presenza di nuove sepolture in tombe antiche, e hanno fornito conclusioni aggiornate sui contesti delle sepolture del Terzo Periodo Intermedio. Queste erano state inizialmente classificate in gran parte come sepolture “intrusive”. Raccogliendo prove archeologiche da diversi siti in Egitto, il progetto mira a comprendere i modelli di riutilizzo dell’equipaggiamento mortuario durante quel periodo, al fine di svelare quali prerogative possono essere tracciate tra le nuove élite e i beni antichi che avevano il diritto di possedere e riutilizzare. Allo stesso modo, il progetto mira anche a rinfrescare il dibattito storico sulla crisi che le élite egiziane subirono dal Tardo Nuovo Regno e come le nuove élite trovarono opportunità per negoziare il loro status attraverso la cultura materiale.
Marzia Cavriani
2020
L’obiettivo del progetto di ricerca è lo studio delle pratiche amministrative di immagazzinamento e redistribuzione nella sfera pubblica nell’Egitto del Medio e Nuovo Regno. Il progetto di ricerca propone lo studio completo dell’intero ciclo di vita di alcuni particolari strumenti amministrativi, le cretule. Per cretula si intende una massa di argilla che veniva applicata a garanzia amministrativa della chiusura di contenitori e ambienti di stoccaggio. Sulla cretula veniva in genere impresso un sigillo la cui integrità testimoniava chi garantiva il bene stoccato e il suo contenitore. Le cretule si presentano con un’impronta di sigillo a stampo sul recto e l’impronta del contenitore cui erano applicate sul verso. Una volta rimosse dal contenitore le cretule venivano conteggiate e temporaneamente immagazzinate, a testimonianza delle operazioni effettuate dai vari responsabili. L’evidenza su cui si fonda il progetto è soprattutto archeologica: sono sì presenti le fonti scritte, ma il tipo di pratiche che si intende ricostruire avveniva per lo più nella sfera materiale. Le relazioni di contesto assumono quindi un ruolo essenziale in questo tentativo di ricostruzione. L’importanza del progetto consiste nello studio, in particolare, di queste fasi successive alla rimozione della cretula dal contenitore e all’analisi dettagliata dei vari gruppi di cretule, confrontandoli tra loro per cercare di identificare degli schemi distributivi significativi per la ricostruzione dei meccanismi di gestione amministrativi.
Dottorati conclusi
Alessandro Galli
2019-2023
Gli ushabti della collezione egiziana del Museo Civico Archeologico di Bologna costituiscono un nucleo eterogeneo ed inedito, formato da circa 487 manufatti. Essi sono parte di una collezione – la terza in Italia, dopo Torino e Firenze – con una storia antica e complessa e hanno per la maggior parte perso il contesto archeologico di provenienza. Nonostante ciò, la ricostruzione della biografia degli oggetti può permettere la formulazione di ipotesi circa la loro origine e provenienza. Attraverso un’analisi pluridisciplinare degli ushabti bolognesi e il confronto con manufatti al di fuori della collezione, è infatti possibile tentare di procedere a ritrovo dal contesto attuale sino a quello funerario, archeologico e produttivo. Lo scopo è quello di proporre diversi approcci metodologici per lo studio e contestualizzazione di un nucleo di materiale inedito e privo del contesto di provenienza. Ciò fornirà, inoltre, nuovi elementi utili alla rilettura di temi centrali nello studio della classe di materiale quali la connessione tra l’origine degli ushabti e la diffusione del culto di Osiri e lo sviluppo del testo iscritto su di essi, in particolar modo la cosiddetta formula dell’ushabti. Questa ricerca intende valorizzare il ruolo cruciale della cultura materiale nel “leggere il passato” mostrando come l’archeologia e l’egittologia siano discipline pienamente attive nella valorizzazione del patrimonio storico e culturale inteso come bene comune.
Flora Andreozzi
2019-2023
L’afflusso di immigrati in Egitto dopo la conquista da parte di Alessandro Magno e successivamente di Augusto ha causato profonde trasformazioni nella sua struttura sociale e culturale in modo chiaramente multiculturale. Sotto queste dominazioni straniere mutò anche lo sfruttamento delle piante: furono importate nuove specie vegetali e istituite nuove colture per soddisfare i gusti e le abitudini degli abitanti appena arrivati. Il progetto si propone di studiare l’introduzione di alcune di queste nuove specie vegetali e straniere in Egitto durante il periodo greco-romano e tardo antico (332 a.C.-641 d.C.), cercando di capire il loro rapporto con i cambiamenti sociopolitici dell’epoca e se la loro introduzione abbia provocato o meno cambiamenti in particolari ambiti della cultura umana. Il progetto utilizza sia dati provenienti da recenti report archeobotanici sia materiale vegetale conservato nei musei proveniente da scavi meno recenti (fine Ottocento-inizio Novecento). Anche se l’utilizzo del materiale museale è limitato dalla comprensione della sua effettiva provenienza, dati accurati raccolti nella loro documentazione possono rivelare alcuni dettagli e considerazioni utili che normalmente non sono disponibili in rapporti pubblicati. La documentazione archivistica in parte ancora inesplorata aiuta inoltre a collocarli meglio nel loro contesto.
Partendo da questi dati, lo studio di ogni specie vegetale considerata è poi integrato prima esaminando la sua presenza nei testi (papiri e ostraca greci, demotici e copti) e quindi, come supporto sui possibili utilizzi della pianta, con i testi classici. Il fine è quello di cercare di ricostruire in un modello storico coerente eventuali cambiamenti e transfert culturali nell’uso di particolari piante dovuti al contatto fra culture diverse che si intrecciano nell’Egitto greco-romano e del periodo tardo.
Mona Akmal M. Ahmed Nasr
2019-2023
Gabriele Conte
2018-2022
La demonologia è un ambito ancora poco esplorato della religione egiziana. Gli egiziani, come gran parte delle popolazioni vicino-orientali contemporanee, credevano nell’esistenza di entità soprannaturali intermedie, non assimilabili alle divinità vere e proprie e tuttavia estranee al mondo umano. Queste entità erano viste in maniera ambivalente: potevano essere dei guardiani e dei protettori, come spesso avviene nei testi funerari, oppure delle entità pericolose portatrici di malattie e sofferenze. Il mio progetto di dottorato intende studiare le pratiche religiose impiegate dagli egiziani per proteggersi e allontanare la minaccia di queste entità demoniache nell’ambito della vita quotidiana (saranno quindi esclusi i rituali di protezione templari e regali). Partendo soprattutto dalle fonti testuali (papiri magici, medici, rituali e personali), ma anche quando possibile dai resti archeologici, si intende analizzare il fenomeno sia dal punto di vista religioso (concezioni del soprannaturale degli egiziani) sia dal punto di vista sociale (spazi e protagonisti del rituale esorcistico, origine e produzione dei testi magici). Spazio importante avrà anche l’approccio comparativo, per evidenziare le connessioni, le somiglianze e le influenze tra le concezioni egiziane e quelle di popoli e culture vicine (in particolare le culture mesopotamica, palestinese e ugaritica). L’obiettivo del lavoro è fornire una visione di insieme chiara del fenomeno, un corpus di testi rappresentativi della pratica esorcistica e un’interpretazione religiosa, antropologica e sociale di un importante aspetto della religione e cultura egiziana come il soprannaturale. Ciò che si vuole ottenere, tramite lo studio della relazione che gli egiziani avevano con il soprannaturale, è una maggiore comprensione della visione del mondo e del cosmo che essi avevano.
Cristina Alù
2017-2021
Il deserto orientale e il Sinai meridionale hanno costituito per gli Egiziani, dagli albori dell’età faraonica come mostrano già le spedizioni predinastiche nello Wadi Hammamat (ca. 3100 a.C.) e sotto il regno del re Den (ca. 2900 a.C.) nello Wadi el-Homr, una risorsa fondamentale per l’approvvigionamento di pietre e minerali. In questi luoghi geograficamente e politicamente ai margini dell’Egitto, abitati e attraversati da popolazioni per lo più nomadiche, giungevano periodicamente i membri delle spedizioni minerarie faraoniche. Inevitabile fu, dunque, il contatto di diverse culture: quella degli Egiziani e quelle delle comunità “straniere” che lavoravano fianco a fianco con essi nelle cave. L’attuale stato dell’arte mostra come gli studi su queste aree periferiche e sulle attività estrattive ad esse connesse, nonché sulla compagine sociale e culturale che le abitava, abbiano valorizzato finora unicamente l’aspetto prosopografico, amministrativo ed economico delle fonti. Rari sono gli studi di tipo olistico, orientati alla comprensione delle dinamiche sociali, culturali ed economiche, sottese ai processi di acquisizione delle materie prime e deducibili da fonti archeologiche e testuali integrate. Il divario tra i dati epigrafici ed archeologici, dunque, permane anche in alcune delle pubblicazioni più recenti. Il presente lavoro di ricerca si pone l’obiettivo di indagare il milieu sociale e culturale delle zone minerarie del deserto orientale e del Sinai meridionale, mediante un’analisi combinata delle fonti testuali e archeologiche. Le fonti tra loro integrate, infatti, rivelano una realtà complessa, in cui “attori invisibili” come le popolazioni pastorali o semi-nomadi del deserto (ad esempio, Nubiani e Cananei) ricoprono un ruolo fondamentale nella creazione e nella diffusione di innovazioni e beni.
Lisa Sartini
2016-2020
Durante il Nuovo Regno è possibile osservare un’ampia varietà̀ di tipologie di sarcofagi che si susseguono nel corso del tempo, tra cui, per esempio, i sarcofagi a vernice nera con decorazione gialla, oggetto del mio progetto di ricerca. Sebbene in passato siano stati presi in esame da alcuni studiosi (Niwinski 1988, Dodson 1998, Taylor 2001), sono stati oggetto solo di indagini parziali, mai approfondite né di ampio respiro. Il fine ultimo di questo progetto è di poter offrire un esaustivo lavoro di riferimento in questo ambito di studi. La mia linea d’indagine si prefigge quindi di creare un catalogo dei sarcofagi in questione, editi e inediti, e di svolgere uno studio analitico su iconografia, tecniche costruttive, tecniche di decorazione, tipologia di vernici usate e testi funerari, nonché́ sulle differenze che sussistono all’interno della classe di sarcofagi in conformità̀ alle specificità geografiche e sociali. L’acquisizione di tutti questi dati permetterà di svolgere una ricerca degli elementi comuni ai vari esemplari catalogati, sia a livello iconografico/decorativo (temi, stile e tecniche decorative) sia a livello linguistico (tipologie di iscrizioni affini o con elementi e stili grafici condivisi). Ci si auspica che tale studio porti ad evidenziare eventuali principi che possano ricondurre un oggetto isolato all’interno di un contesto storico e/o geografico meglio definito e a individuare un metodo di classificazione per questa tipologia di sarcofagi.
Mattia Mancini
2016-2020
Presso Palazzo Schifanoia, storica sede dei Musei Civici di Arte Antica di Ferrara, è conservata un’inedita collezione egizia che rientra nel quadro dell’egittomania ottocentesca diffusasi in Europa dopo le prime spedizioni scientifiche in Egitto. La raccolta si formò infatto intorno alla metà del XIX secolo grazie alle donazioni di cittadini ferraresi che scelsero l’Egitto come luogo di residenza o semplicemente come esotica meta di viaggio. Il progetto di dottorato consiste così nello studio di ogni oggetto della collezione, attraverso documentazione fotografica, misurazioni metriche, traduzione dei testi geroglifici presenti e individuazione di paralleli editi, con la relativa redazione del catalogo. Inoltre, tramite l’analisi del vasto patrimonio archivistico, in gran parte inedito, concernente la raccolta egizia, sono state illustrate tutte le tappe della sua formazione, è stata raccontata la vita dei vari donatori ed è stato ricostruito il tessuto socio-politico della Ferrara dell’epoca.
Anna Giulia De Marco
2015-2019
Il villaggio di Deir el-Medina, situato tra le colline tebane, rappresenta una delle fonti di informazioni più ricche per la conoscenza della società egiziana. In particolare, le ricerche svolte in ambito economico hanno dimostrato l’esistenza di un libero mercato in cui gli abitanti di Deir el-Medina potevano incrementare i propri profitti sfruttando le loro abilità artigianali per la produzione e la vendita di oggetti destinati ai privati. Questo progetto intende individuare le diverse botteghe artigiane che hanno operato a Deir el-Medina nel Nuovo Regno (1550-1069 a.C.) attraverso lo studio degli oggetti, coadiuvato dall’analisi delle fonti testuali. Ciò condurrà ad una comprensione più ampia della figura dell’artigiano e della società in cui viveva, analizzando i vari aspetti socio-economici coinvolti. In particolare, oggetto principale d’indagine sarà il materiale ligneo, conservato presso il Museo Egizio di Torino, in tutte le sue declinazioni (statuaria, oggetti ad uso funerario, mobilio, strumenti da lavoro, utensili di uso quotidiano) analizzato in parallelo con i testi ieratici di tipo amministrativo redatti su papiri e ostraca, anch’essi appartenenti alle collezioni del Museo Egizio. I dati ottenuti saranno inseriti in un database consentendone la catalogazione, l’integrazione e la loro interazione. Ciò faciliterà lo studio e l’interpretazione del quadro in esame, permettendo il raggiungimento di tre obiettivi principali: individuare i workshop, inquadrare l’artigiano all’interno della società egiziana del Nuovo Regno, proporre nuovi apporti per gli studi economici.
Stefano Vittori
2014-2018
L’omofonia, cioè quando un fonema o nesso ha più di una controparte nel sistema di scrittura corrispondente, pone al linguista un intrigante interrogativo: perché la trafila plurisecolare non scarta i numerosi “doppioni”? Cercare biunivocità a ogni costo è deformazione moderna, tanto più singolare in quanto mancano esempi nostrani di quanto cerchiamo altrove (nessun sistema naturale dell’Occidente contemporaneo, inglese in testa, è regolarmente biunivoco). Nel geroglifico, tuttavia, ci sono “troppi” omofoni. Ad esempio, dei ventisette unilitteri, ben ventidue hanno un corrispondente copto condiviso con un altro unilittero e nove con più d’uno. Attraverso un’analisi etimologica dei lessemi interessati dal fenomeno, intendo determinare alla fonte, cioè nei TdP, i valori originari di alcuni di essi laddove la traslitterazione tradizionale rischia di nascondere diverse importanti isoglosse: la tesi che voglio dimostrare è che una profonda revisione su base comparativo-ricostruttiva della fonologia egiziana potrebbe essere in grado di chiarire il motivo di molte di queste aporie, eliminando le omofonie “false” (cioè quelle in cui è la nostra traslitterazione a opacizzare le differenze di pronuncia tra più lessemi) e fornendo motivi storico-linguistici per quelle “vere” (ad es., una confluenza di più fonemi della protolingua in un unico fonema).
Silvia Dall’Armellina
2013-2017
Il progetto di ricerca vede lo studio della ceramica pertinente alla realtà dell’antica Nubia Sudanese, focalizzando in particolare l’attenzione sull’area compresa tra le attuali località di Shendi e Begrawiya, immediatamente a sud dell’antica capitale Meroe. In particolare, la ricerca, propone un’analisi sistematica dei manufatti ceramici rinvenuti durante le campagne finora svolte nel sito di Abu Erteila, avvalendosi di un approccio archeometrico oltre che stilistico-tipologico.
Paolo Marini
2012-2016
A partire dal Nuovo Regno gli ushabti – le statuette funerarie rappresentanti il defunto – (Bovot 2003, Schneider 1977, Aubert, Aubert 74, Petrie 1903) furono spesso disposti all’interno di contenitori come cofanetti lignei, cofanetti in terracotta e vasi, secondo una pratica che si testimonia fino all’Età tolemaica. Dopo alcuni lavori preliminari (Chappaz 2003, Aston 1994, Cooney 1975) questo progetto si propone di studiare sistematicamente l’intera classe di oggetti, attraverso un preliminare, ma completo, censimento degli esemplari editi ed inediti, conservati nei musei di tutto il mondo, citati nei rapporti di scavo o provenienti da scavi in corso. A questo lavoro seguirà uno studio analitico approfondito atto a determinare, soprattutto, la datazione e il luogo di provenienza, e la suddivisione in classi tipologiche. Di particolare importanza sarà: determinare perché a partire dal Nuovo Regno gli ushabti furono disposti all’interno di contenitori a forma di cappelle pre-dinastiche (cappelle itrt); studiare i vasi porta-ushabti, fino a oggi completamente trascurati dalla letteratura egittologica; analizzare l’evoluzione dei cofanetti porta-ushabti di Età Tarda e tolemaica e distinguerli, se possibile, dalle cassette canopiche. L’analisi di tutte le fonti archeologiche pertinenti, come quelle testuali, materiali e pittoriche, inoltre, permetterà di concentrarsi su taluni aspetti collaterali, come la trasmissione dei modelli iconografici da un oggetto all’altro o la creazione di stili e modelli specifici di determinate aree e botteghe artigianali locali.
Angela Garrè
2012-2016
Questa tesi di dottorato si propone di ripercorrere le tappe che hanno portato l’egittologo pisano alla compilazione delle successioni delle dinastie egizie, ricavate dai monumenti originali confrontati con altre fonti scritte. In questo tipo di lavoro era stato preceduto da Champollion nel 1824, quando lo studioso francese era giunto a Torino per studiare la Collezione Drovetti; esso fu poi proseguito da entrambi con la Spedizione franco-toscana in Egitto negli anni 1828-29, durante la quale i due studiosi poterono confrontare i dati storici con quelli monumentali e trovare così delle conferme o delle smentite. La pubblicazione di un’opera così monumentale come I Monumenti dell’Egitto e della Nubia, fu di notevole importanza per il progredire degli studi egittologici, perché a differenza della Description de l’Égypte, considerata un’opera eccezionale in quel periodo storico, I Monumenti utilizzano per la prima volta la scienza filologica per avvalorare o smentire le fonti classiche. Analizzando e interpretando le iscrizioni egizie, i due egittologi della Spedizione fecero sì che i monumenti originali diventassero delle “pietre parlanti” in grado di aiutare gli studiosi, anche quelli a venire, nella difficile e lenta ricostruzione della storia dell’antico Egitto.
Anna Consonni
2011-2014
La ricerca ha come oggetto le ceramiche provenienti dalle tombe individuate sull’area del Tempio di Milioni di Anni di Amenhotep II a Tebe Ovest, in corso di scavo dal 1997 sotto la direzione del dott. Angelo Sesana (Centro di Egittologia Francesco Ballerini – Como). Le tombe indagate hanno restituito generalmente pochi elementi degli originari corredi, ad eccezione della ceramica, rinvenuta in grandi quantità e in una molteplicità di fogge. Questa è stata dunque esaminata nel suo contesto di rinvenimento per sfruttarne al meglio la potenzialità di ricostruzione storica e culturale. Il primo obiettivo che ci si è posti è stato quello di definire nel dettaglio l’evoluzione progressiva della necropoli nel corso della sua lunga storia. Per ognuna delle tre macro-fasi individuate – Medio Regno, Terzo Periodo Intermedio-Epoca Tarda ed Epoca Tolemaica – sono state presentate le caratteristiche delle diverse strutture funerarie e le peculiarità del deposito archeologico. L’analisi dei tipi ceramici rinvenuti, integrato con quello degli elementi di corredo residui, ha consentito di ricostruire con un notevole dettaglio le fasi di occupazione, riuso o saccheggio di alcune tombe, scelte in quanto campione significativo di tutta la necropoli. Il lungo excursus cronologico consente di seguire l’evoluzione delle forme e di offrire una visione complessiva delle diverse produzioni, anche in mancanza di un unico deposito stratigrafico.
I singoli casi di studio hanno inoltre permesso l’approfondimento di tematiche specifiche, in particolare il rapporto tra ceramica funeraria, deposta come corredo funerario, e ceramica cultuale, utilizzata per compiere i riti in onore del defunto durante e dopo la cerimonia funebre.
L’analisi della ceramica si è rivelata, infine, l’unico strumento in grado di individuare alcuni momenti di frequentazione del sito (come per esempio quello di Epoca Tolemaica) non solo prima non identificati, ma anche, ad oggi, non indiziati da altri materiali e non associabili a precise strutture.
Stefania Pignattari
2009-2012
Il regno di Amenemhat IV costituisce un interessante ambito di indagine egittologica collocandosi in un momento fondamentale della storia egiziana: terminata la crisi del Primo Periodo Intermedio, l’Egitto ha guadagnato nuovamente potenza e prosperità grazie all’opera di riunificazione e innovazione intrapresa dai sovrani XII dinastia. Con il Secondo Periodo Intermedio le basi della società egiziana verranno di nuovo messe in discussione e si creeranno le premesse per il Nuovo Regno. La definizione del ruolo e della posizione di Amenemhat IV è fondamentale per chiarire quali furono le ragioni e i meccanismi che portarono alla fine della XII dinastia. L’apparente inconsistenza del regno di questo sovrano nasconde una notevole complessità nella definizione dell’identità e della dinamica di successione, nonché una significativa presenza del re sia all’interno del Paese che nelle relazioni con gli stati confinanti.
Solo l’esame critico della documentazione consente la ricostruzione della porzione di storia in cui si inserisce il regno di questo sovrano. Questa analisi si basa appunto sulle testimonianze materiali del regno di Amenemhat IV, i diversi tipi di documenti sono stati classificati ed esaminati in relazione al loro contesto di provenienza. Un primo gruppo (Gruppo A) comprende i documenti rinvenuti in Egitto; il secondo (Gruppo B), i documenti provenienti dalle aree periferiche del Paese infine del terzo gruppo (Gruppo C) fanno parte le testimonianze rinvenute al di fuori dei confini dell’Egitto.
L’esposizione segue l’ordine cronologico: dagli esordi alla fine del regno.
Federica Facchetti
2008-2011
Oggetto della tesi è lo studio della ceramica della tomba M.I.D.A.N.05 della sua corte e dell’area limitrofa a Dra Abu el-Naga (Tebe ovest). Al fine di trovare un metodo di classificazione e descrizione della ceramica sono confrontati i metodi adottati dagli studiosi di ceramica egizia a partire dagli anni 70 del novecento. Il metodo è stato poi applicato alla ceramica in studio e ha permesso di trarre informazioni cronologiche, commerciali, cultuali e funerarie sulla tomba M.I.D.A.N.05. La tesi è corredata di un catalogo cartaceo e un database online.
Daniele Salvoldi
2009-2012
Alessandro Ricci (ca. 1795-1834) era un medico e disegnatore senese che fra 1817 e 1822 viaggiò in Egitto e in Nubia al servizio di Henry Salt e William J. Bankes. Venne ingaggiato per eseguire una ricognizione epigrafica di diversi siti archeologici nel Sinai, Oasi di Siwa e in Nubia. Ricci ha lasciato un resoconto delle sue esplorazioni, di cui questa tesi rappresenta l’edizione cirtica: Viaggi del Dottor Alessandro Ricci.
Nel Capitolo 1 si cerca di definire lo stato delle relazioni fra la Toscana e l’Egitto nella prima metà del 19 secolo.I Capitoli 2-4 rappresentano la biografia di Ricci. Nel Capitolo 2 si discute la personalità di Ricci e il suo retroterra culturale. Nel Capitolo 3 si tratta la prima esperienza di viaggio in Egittofra 1817 e 1822. Nel Capitolo 4 si delinea l’opera di revisione del manoscritto, la partecipazione alla famosa Spedizione Franco-toscana (1828-29), la malattia e la morte (1834). Il Capitolo 5 si concentra sulle collezioni archeologiche, naturalistiche ed etnografiche di Ricci. Nel Capitolo 6 si discute i Viaggi come un testo: la storia della sua stesura, le caratteristiche codicologiche, gli argomenti trattati, la struttura e lo stile narrativo. Il Capitolo 7, infine, è dedicato alla ricostruzione delle tavole che Ricci aveva originariamente allegato al manoscritto. Segue l’edizione critica dei Viaggi, con più di mille note esplicative, tavole e mappe dettagliate delle regioni visitate.
Nevio Danelon
2007-2010
La presente tesi di dottorato tratta il problema della ricostruzione topografica e geografica del sito di Menfi – l’antica capitale dell’Egitto faraonico – durante l’epoca saitopersiana, basandosi su un approccio metodologico interdisciplinare che prevede il confronto tra indizi filologici, archeologici e geomorfologici.
In questo lavoro si affrontano questioni a lungo dibattute e ancora aperte come l’estensione effettiva della città antica, la localizzazione del Muro Bianco e degli altri toponimi menfiti, l’esistenza della cosiddetta “diga di Mene” descritta dagli storici antichi. Nella tesi è dato ampio spazio al contesto paleoambientale medioegiziano per una migliore comprensione della strategicità geografica di Menfi. Infine si cercherà di ottenere nuove informazioni dallo studio di alcune immagini dell’area, riprese dal satellite spia americano Corona (1959-72), che fotografano un paesaggio in larga parte ancora risparmiato dai drastici cambiamenti ambientali portati dalla recente espansione della periferia del Cairo. I risultati hanno consentito di elaborare una ricostruzione topografica che – seppur virtuale – appare coerente con gli indizi topografici noti.
Enrico Ferraris
2007-2011
“Egypt has no place in a work on the history of mathematical astronomy”. Con queste parole Otto Neugebauer, il più grande studioso delle scienze esatte nel mondo antico, introduceva la sezione dedicata all’astronomia egiziana, nel suo saggio “A History of Ancient Mathematical Astronomy“. Neugebauer aveva ragione: fatta eccezione per l’elaborazione del calendario di 365 giorni, la documentazione egiziana finora giunta a noi sembra rivelare un sostanziale disinteresse verso l’astronomia applicata, ovvero quel complesso di conoscenze matematiche sviluppate allo scopo di studiare e prevedere i fenomeni e le caratteristiche del moto dei corpi celesti. Malgrado l’apparente assenza di importanti fattori trainanti come l’astronomia o l’astrologia, in Egitto continuò ad esistere una millenaria tradizione, testuale e figurativa, che aveva nel cielo il suo unico, grande e suggestivo palcoscenico. Un potente catalizzatore permise a questa tradizione non solo di sopravvivere per tanto tempo ma addirittura di mutare e integrare concezioni allogene, fenomeni non frequenti all’interno del ben noto atteggiamento conservatore della cultura religiosa egiziana. Lo studio affronta le fonti iconografiche e testuali di Antico e Medio Regno nel tentativo di ricomporre in un quadro coerente l’architettura di quel pensiero religioso.
Renata Rossi
2007-2010
Il presente studio, analizza gli aspetti meno indagati relativi alle spedizioni che gli Egiziani organizzarono e condussero, per tutto il periodo faraonico, dalla valle del Nilo, fino alle coste del Mar Rosso, per poi salpare verso un Paese di ubicazione tutt’ora ignota: Punt. L’obiettivo primario di tali spedizioni era il periodico approvvigionamento di materiali pregiati, quali incenso, mirra, ebano, avorio ed oro. Sono state prese in esame, inizialmente, le fonti iconografiche e testuali, per poi effettuare uno studio attento su quali tracce oggi rimangano dell’eventuale passaggio delle spedizioni, soprattutto nel Deserto Orientale. Laddove non vi fossero elementi tangibili, sono state elaborate ipotesi, tentando di fornire loro il più alto grado di plausibilità. Si è proceduto così anche per la realizzazione di una rotta ipotetica, selezionando quali potessero essere gli approdi più sicuri e logisticamente validi e le manovre più sensate, in base a criteri molto precisi, con il fondamentale ausilio di un esperto, e del software utilizzato anche dalla Marina Militare Italiana. Infine è stato effettuato un confronto parallelo e diretto fra le marinerie delle grandi civiltà che navigarono nel Mar Rosso sin dalle epoche più remote: Egiziani, Fenici e Greci. Il risultato di un tale raffronto è interessante nella sua linearità.
Paolo Del Vesco
2005-2008
È possibile ricostruire un sistema di credenze religiose partendo dalla documentazione archeologica? E se sì, in quale modo ed entro quali limiti? Per lo più il dibattito in merito è stato incentrato sulla storia delle ricerche archeologiche in campo religioso e sulla definizione della metodologia più corretta per un approccio proficuo a tali problematiche. Il fatto che si sia spesso indicato nella necessità di un approccio multidisciplinare la direzione di ricerca maggiormente auspicabile pone in evidenza l’esistenza di limitazioni interpretative insite nel documento archeologico. Se da un lato si sono spesso sottolineate le peculiarità della ricerca archeologica rispetto alle metodologie delle altre discipline storiche e le possibilità da essa offerte nello studio degli aspetti più vari delle antiche civiltà, più raramente si è invece posto l’accento su quelli che debbono essere considerati dei veri e propri confini per un approccio archeologico al mondo della religione. Quali sono quindi i limiti oltre i quali non si può giungere nello studio delle credenze e dei culti di una società antica come quella egiziana attraverso un’analisi ristretta agli elementi della cultura materiale che ci sono pervenuti? Da che punto invece dobbiamo eleggere a “somma guida” altri tipi di documentazione, come quella testuale ad esempio, o altre discipline, sfruttando le potenzialità di metodologie di ricerca diverse, per addentrarci nell’esplorazione dei territori meno “battuti” nel campo delle credenze religiose dell’antico Egitto? Da questi interrogativi muove la ricerca qui proposta, a partire dallo studio di un caso specifico: l’analisi dei cosiddetti “letti votivi” e del sistema di oggetti e credenze ad essi correlati.
Edoardo Guzzon
2005-2008
Tentativo di comprendere una tipologia di titoli religiosi dell’Egitto tardo, interpretando tutte le fonti disponibili in chiave storico-sociale. Osservazione di una ‘moda’ culturale che ha prodotto manifestazioni artistiche, letterarie, documentarie e cultuali ma non è mai stata studiata nel suo complesso.
Angiolo Menchetti
2005-2008
Edizione di 50 testi demotici, greci e bilingui inediti provenienti da Medinet Madi (Fayum – Egitto), con introduzione storica relativa alle vicende socio-economiche del tempio di Narmuthis nell’età degli Antonini e dei Severi (II-III secolo dopo Cristo).
Gianluca Miniaci
2005-2008
La presente tesi si inserisce all’interno di un’attività di ricerca svolta presso il Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico e relativa allo studio di una particolare tipologia di sarcofagi nell’Antico Egitto, i cosiddetti sarcofagi rishi o piumati, al fine di ricostruire un segmento di storia del Secondo Periodo Intermedio. Il principale obbiettivo del seguente lavoro consiste nell’individuare un metodo di classificazione e di datazione dei sarcofagi rishi. Le tipologie di classi individuate sono 5 ed hanno permesso, grazie ad alcuni sincronismi cronologici, di circoscrivere con più precisione le datazioni dell’uso di questo tipo di sarcofago nella cultura antico egiziana. In conclusione è stata individuata anche la matrice da cui sembra aver avuto origine questa particolare tipologia di sarcofago.
Christian Greco
2004-2007
This thesis is a careful study of all the iconographic aspects of the processions of gods rerpresented in the book of the Day. Comparing the different sources, it has been possible to create clusters of divinities and to classify them according to their function within the diurnal solar journey. Of fundamental importance has been the study of the tomb of Ramose Tt 132. The careful analysis of the iconographical programme of this unpublished tomb has enabled the author to identify cluster of divinities in KV 9 and attempt a subdivision of the divinities depicted on the walls of the royal tombs. This thesis has also shown that in the study of the NK Books of the Netherworld the iconographical aspect is as important as the filological one.